Sant’Agata, Meli: “Desolante lo stadio vuoto. I giovani preferiscono i social”

Sant'AgataLa Tribuna semi-vuota del "Fresina" di Sant'Agata (foto Calogero Librizzi)

29 punti in classifica in 18 partite, che sarebbero 32 senza lo scivolone di Reggio Calabria, sesto posto in classifica con un tranquillo +12 sulla zona playout, ad appena un punto dai playoff. Questi i numeri del Città di Sant’Agata, che ha iniziato il girone di ritorno nel migliore dei modi, con un perentorio 3-0 rifilato al Castrovillari al “Fresina”, dove ha fatto capire come i ragazzi di Michele Facciolo non abbiano affatto la pancia piena.

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Il Sant’Agata fa festa contro il Castrovillari (foto Calogero Librizzi)

Chi, invece, sembra aver smarrito la voglia dei tempi migliori è la piazza, troppe volte apparsa fredda e distaccata nei confronti di una squadra che ormai da tre anni si trova a ridosso della zona playoff, nonostante le continue (e forzate) rivoluzioni estive effettuate negli ultimi due anni: appena due quest’anno le conferme (Squillace e Marcellino). Eppure il Sant’Agata è sempre stato lì, a ridosso delle posizioni che contano, gomito a gomito o appena sotto formazioni che dispongono di budget ben più consistenti.

Questo però non sembra bastare ad una piazza che appare sempre più assuefatta ad una realtà come la serie D, che a queste latitudini mancava da trent’anni. Il caso è ufficialmente scoppiato domenica sera dopo la gara con i calabresi. Sulla propria pagina Facebook la società nebroidea non ha usato giri di parole per esprimere il proprio disappunto per la desolante cornice di pubblico che presentava il “Fresina”: appena 40 paganti. Ne è seguito un dibattito social con chi vedeva nel maltempo, piuttosto che ne i prezzi dei biglietti, la causa della scarsa affluenza.

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Fiorillo è tra gli ultimi innesti (foto Calogero Librizzi)

Il direttore sportivo del Sant’Agata Ettore Meli torna ad affrontare il caso: “Siamo delusi e non potrebbe essere altrimenti. Quando sono uscito dagli spogliatoi per recarmi in panchina, alzando lo sguardo mi sono reso conto che la tribuna era semi-vuota. Per me è stata una coltellata al cuore: crediamo di meritare più calore e affetto da parte degli sportivi santagatesi. Questo non lo dico perché voglio gli applausi della gente: non li ho mai cercati e mai li cercherò. Mi dispiace soprattutto per i ragazzi e per l’allenatore, che lavorano sodo, con grande serietà e stanno portando per l’ennesima volta il buon nome di Sant’Agata in tutto il Meridione”.

Gli attestati non mancano, anche da fuori regione: “Ogni volta che giochiamo in trasferta riceviamo i complimenti per la qualità del gioco espressa, mi duole che questo riconoscimento non arrivi dalla nostra piazza in primis. Detto questo non posso non ringraziare chi è venuto domenica, a partire da quella trentina di tifosi del gruppo organizzato che, con passione ma anche con grande educazione, ci seguono sia in casa che in trasferta”.

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Lo Grande in azione (foto Calogero Librizzi)

Per Meli quello della poca affluenza negli stadi non è un problema che riguarda soltanto il Città di Sant’Agata: “Molte volte mi sono confrontato con i dirigenti delle altre squadre. Anche Sancataldese e Canicattì mi hanno riferito di avere lo stesso identico problema. Credo che sia un problema generazionale: guardando gli spettatori presenti vedo persone nate tra gli anni ’60 e gli anni ’80, comunque una generazione che è cresciuta con la cultura dell’andare allo stadio per divertirsi, parlare di calcio e tifare insieme alla persona seduta vicina, con cui magari ci si vede soltanto in occasione delle partite casalinghe della propria squadra”. 

Il problema è prima di tutto generazionale: “I grandi assenti sugli spalti sono i giovani, coloro che usano i social network e che allo stadio preferiscono una serie tv sulle piattaforme che tutti conosciamo. Il calcio o più in generale anche il semplice tifo non fa più breccia nel cuore dei giovani come una volta, tante volte vedo anche in televisione molti spazi vuoti negli stadi di serie A e serie B e non è un bene. Tutto il mondo del calcio si deve interrogare su questo fenomeno”.

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Carrozzo nell’area del Castrovillari (foto Calogero Librizzi)

Il Città di Sant’Agata si muoverà anche in questo senso: “A breve insieme al direttore Amata ci incontreremo per valutare qualche iniziativa per avvicinare i più giovani. Sotto questo punto di vista non vogliamo lasciare nulla di intentato. Ci tengo però a precisare che molte critiche noi le rispediamo al mittente, ad esempio quelle sul prezzo dei biglietti. Contro il Castrovillari il costo era di 13 euro, perfettamente in linea con gli standard della categoria, praticamente meno del costo di una pizza e di una birra fuori. Così come sorrido quando mi si viene detto che ormai la squadra non ha obiettivi, come se essere lassù fosse una colpa”. 

Confermarsi al vertice della quarta serie resta un vanto per un Comune di quasi 12mila abitanti: “L’episodio di domenica è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, da troppo tempo il tifoso santagatese vede un quinto o un sesto posto in serie D come qualcosa di assodato, ma così non è affatto. Mi rifiuto di credere, invece, che questa situazione sia causata dalla voglia di tentare la scalata al professionismo, vorrebbe dire non rendersi conto del contesto in cui si è e delle eventuali difficoltà nel mantenere una serie C. Per noi deve restare un onore affrontare squadre come Trapani, Siracusa, Catania e Vibonese, giocandocela alla pari come abbiamo sempre fatto in questi anni”. 

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