Calcio

D’Agostino: “A Messina vissute emozioni irripetibili. La Juventus? Andò così”

Appendere le scarpette al chiodo a 33 anni, quando si ha ancora qualcosa da dare ma il peso degli infortuni inizia a farsi sentire e migliorarsi non è più possibile, non è cosa da tutti. Una scelta coraggiosa ma ponderata, fatta da chi è sempre stato abituato a giocare a testa alta, facendo passare dai propri piedi quasi tutti i palloni. Insomma, una scelta da Gaetano D’Agostino.

Riavvolgendo il nastro della carriera dell’ex centrocampista palermitano, un capitolo speciale ce l’ha inevitabilmente Messina, maglia indossata 51 volte tra il gennaio 2005 e il giugno 2006, esperienza impreziosita da cinque marcature. La prima, però, ha inevitabilmente un sapore speciale, perché riporta alla mente quel fendente di sinistro al volo che trafisse Pavarini, per il 2-0 che consentì ai peloritani di ipotecare il successo nel derby dello Stretto contro la Reggina al “Granillo”. Una prodezza che ammutolì la Curva amaranto e venne festeggiata con una corsa sotto il settore ospiti.

D’Agostino esulta al “Granillo” per il gol nel derby con la Reggina

Fino a quel momento, D’Agostino era una giovane promessa della cantera romanista, capace di far vedere cose incoraggianti a Bari in Serie B, ma fu l’approdo in Sicilia a consacrarlo in massima serie: “Messina è una piazza che non smetterò mai di ringraziare per quello che mi ha dato. Le emozioni che ho vissuto nei primi sei mesi in maglia giallorossa non le ho avute in nessun’altra piazza e come calciatore ho avuto la fortuna di indossare maglie importanti. Il calore e l’amore che trasmetteva il pubblico quando giocavamo in casa non le ho più provate. Sono arrivato a gennaio quando la squadra era neopromossa, stava facendo bene e si era tolta delle soddisfazioni. La seconda parte di quella stagione fu incredibile. Devo dire che la piazza è stata al nostro fianco anche l’anno successivo, ma credo lì sia mancata la società, che stava iniziando a mostrare i primi segni di debolezza. La barca l’abbiamo trascinata noi giocatori fino a quando ci è stato possibile”.

Il centrocampista impegnato in Udinese-Inter

Lasciato il Messina arrivano tre anni importanti a Udine. La stagione 2008/2009 è da incorniciare, come testimoniano gli undici gol in 36 presenze. In quell’estate D’Agostino è uno dei pezzi pregiati del mercato. A lui si interessano Juventus e Real Madrid: “Con la Juve era cosa fatta – assicura D’Agostino -. Trovai l’accordo quasi subito con i dirigenti. Ho avuto anche qualche contatto telefonico con Ciro Ferrara, che era stato confermato allenatore e mi spiegò come intendeva collocarmi all’interno della squadra. Per me sarebbe stata una grande opportunità: è vero che quell’anno lì la Juve fece una stagione deludente, ma il fascino dei bianconeri è sempre particolare. Le due società, però, non trovarono l’accordo e la Juve decise di virare su altri profili (Felipe Melo, ndc). Anche il Real Madrid mostrò un certo interesse, ma a quel punto per l’Udinese ero incedibile e così in una settimana sono sfumate queste due opportunità. Ho avuto però la fortuna di godermi una piazza e una società molto organizzata, con un progetto serio che sta portando avanti ormai da decenni”. 

D’Agostino con la casacca della Fiorentina

Successivamente le esperienze con Fiorentina e Siena. Importante è stato l’apporto dato da D’Agostino alla salvezza dei bianconeri in massima serie nel 2012. Completano il quadro le avventure con Pescara, Fidelis Andria, Benevento e Lupa Roma, società che gli dà l’opportunità di iniziare a studiare da tecnico. A quasi 38 anni, D’Agostino è un “giovane vecchio” della panchina, come testimoniano le circa cento panchine tra i professionisti, comprese quelle del Lecco, in Lega Pro, sua attuale casa: “Caratterialmente non sono un tipo a cui piace subire, questo valore cerco di trasmetterlo ai miei giocatori. Mi piace un gioco propositivo e aggressivo. Tatticamente ho potuto sperimentare molto in questi anni, adesso sto adoperando un 3-4-1-2 ma ho anche schierato il 3-4-3, il 3-5-2 e il 4-3-3 che ho usato in altre situazioni. Sto facendo la gavetta, com’è giusto che sia”.

D’Agostino in un Messina-Milan

“Come tutti sogno di arrivare in Serie A – ammette D’Agostino -, ma voglio arrivarci bene, avendo acquisito adeguate conoscenze e il necessario bagaglio d’esperienza alle spalle. Se ci arriverò non voglio essere una meteora, ma dimostrare di poterci restare a lungo e con merito. Sto facendo quello che sotto un certo punto di vista non ho fatto da calciatore, dove ho avuto subito la fortuna di potermi esprimere in piazze importanti e sto prendendo tutto quello che c’è di buono in ogni situazione. Ad esempio ho subito anche un esonero, ad Alessandria, dove ammetto di non essermi trovato bene, ma devo dire che sotto questo aspetto ogni mio giocatore mi ha insegnato di più di quanto io abbia insegnato a lui. Adesso mi trovo in una società piccola ma molto organizzata. Sicuramente il ruolo che ho ricoperto da giocatore mi ha aiutato, dovevo spesso ragionare in tempi rapidi, essere veloce di pensiero e di piede non è semplice, ma ho avuto una panoramica di gioco molto ampia”.

D’Agostino in versione allenatore

Finita la quarantena a Lecco, D’Agostino ha raggiunto la famiglia a Roma in attesa di conoscere le decisioni sul futuro dei campionati: “Noi siamo professionisti e come tali ci adegueremo alle decisioni che verranno prese. Ho però dei dubbi quando sento parlare di tour de force di un mese e mezzo per concludere i campionati. Tutto questo non mi sembra la decisione migliore. Si parla di salvare la regolarità dei campionati, ma mi pare ovvio che non si possa parlare di campionati regolari se si riprende a giocare dopo due mesi di inattività. Non bisogna neanche sottovalutare il rischio infortuni, che è notevolmente più grande qualora si riprendessero a giocare i campionati con partite ogni tre giorni. Quando si parla di calcio non bisogna pensare solo ai maxi-stipendi che si vedono in Serie A o in Serie B, ma bisogna pensare anche alle tante società di Serie C dove ci sono giocatori al minimo salariale e che non possono certamente permettersi di infortunarsi, rischiando di mettere a repentaglio anche la prossima stagione. Non vorrei che per concludere a tutti i costi questa stagione si rischi di rovinare anticipatamente la prossima. Rimettere in moto la macchina comporta dei rischi. Tra i tre gironi della serie C si contano 60 squadre, organizzare gli spostamenti senza mettere a rischio la salute di calciatori e staff non è una cosa semplice”.

Antonio Macauda

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