Allan Ray ed una Virtus Bologna da playoff. “Noi meglio di quanto pensassimo”

Sparito dai radar negli ultimi anni e relegato a ruoli di secondo piano nelle squadre in cui ha giocato, Allan Ray è una nomination credibile al titolo di “ritorno dell’anno”. Il trentenne del Bronx sta disputando la miglior stagione in carriera (17,5 punti con il 50,8% da tre) ed è il leader tecnico ed emotivo della giovane Virtus Bologna che sta stupendo tutti in campionato. Partita dichiaratamente per salvarsi, senza la penalità del meno 2 la Granarolo si sarebbe qualificata per la Final Eight e ora è nel gruppo delle ottave. “Sono maturato rispetto a 5-6 anni fa – ammette Ray -. Prima mi facevo condizionare da quanto mi accadeva attorno, ora non più. Siamo una squadra giovane, ogni allenamento è come una partita di campionato e in questo modo ci siamo resi conto di essere migliori di quanto pensavamo. Il prossimo mese ci dirà se possiamo davvero pensare ai playoff”.
Ancora una volta ha funzionato la combinazione con Valli. L’altra stagione europea degna di nota per Ray fu quella di Ferrara nel 2008-09 (15,5 punti di media). Arrivato da Roma a metà campionato, la Carife guidata da Valli arrivò a sfiorare i playoff da neopromossa. La fiducia e la sintonia fra i due è totale: “La scintilla scoccò subito non so dire il perché. Valli e Crovetti (coppia ritrovata ora in Virtus, nrd.) mi fecero sentire come in famiglia. Ho capito immediatamente che mi sarei trovato bene con Giorgio e mi piacerebbe continuare a lavorare con lui”.
Alla Virtus si sta imponendo come l’uomo dell’ultimo quarto: il “buzzer beater” di Pesaro (“Un canestro alla Sugar Richardson”, disse Valli), 14 punti contro Trento e 11 contro Sassari nelle ultime due vittorie. Una sorta di “Mister Clutch”, il soprannome di Jerry West, per la capacità di giocare bene i momenti decisivi delle partite come dimostrano i 7,6 punti e il 25/28 ai liberi nell’ultimo quarto delle otto partite arrivate agli ultimi cinque minuti con 5 o meno punti di scarto (sei vinte dalla Granarolo): “Mi piacciono quei momenti, però non cerco di forzare le situazioni. Uso la mia esperienza, gioco con aggressività e se ho successo è grazie ai miei compagni”.
La sua carriera non è stata una discesa comoda. Dopo quattro anni eccellenti a Villanova, non venne scelto al Draft ma i Celtics lo misero subito sotto contratto nell’estate 2006. All’interno di una stagione di squadra pessima, l’anno da rookie di Allan fu discreto. I Celtics avevano un’opzione da 687mila dollari per il secondo anno, ma da Roma arrivò l’offerta di un biennale da 2 milioni.

Foto di gruppo della Virtus Bologna, avversario dell'Orlandina

Foto di gruppo della Virtus Bologna, prossimo avversario dell’Orlandina

“Fu uno choc culturale, tutto un altro mondo rispetto a quello a cui ero abituato, è stato difficile adattarsi. Non farò mai più una scelta solo per i soldi, qualche volta mi fermo a pensare cosa sarebbe successo se fossi rimasto in Nba, però non si può vivere di rimpianti”. A Roma giocò con Brandon Jennings, oggi stella infortunata dei Pistons: “Ero una sorta di mentore, a volte dovevo tenerlo calmo perché giocava poco. Non capivo perché Repesa non gli desse spazio, mentre ora racconta che è lui la ragione per cui Brandon è in Nba”. Newyorkese puro sangue, dal Bronx, il legame con la sua città e la sua prima passione sportiva è rappresentato dallo Yankee Stadium tatuato sulla schiena: “Mi ricorda da dove vengo, lo stadio è a due minuti da casa mia. Ho visto tante World Series, ero tifoso sfegatato di Jeter, Pettitte, Rivera e gli altri”. All’amore per gli Yankees non corrisponde quello per i Knicks: “Non sono loro tifoso, tifavo solo per Jordan. Mio padre mi portava a vedere le partite playoff contro i Bulls, con MJ che sistematicamente li distruggeva. Quest’anno sono terribili. Bargnani? Per me è un buon giocatore frenato dai troppi infortuni, ma Gallinari è di gran lunga il miglior italiano in Nba”.

Articolo di Luca Aquino – Gazzetta it

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