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Giudice Falcone, l’aula magna dell’Università gremita per il ricordo

In occasione dell’anniversario della Strage di Capaci, l’Aula Magna del Rettorato ha ospitato la Giornata in ricordo di Giovanni Falcone, organizzata dal Centro Studi sulle Mafie dell’Università di Messina, presieduto da Giovanni Moschella e diretto da Luigi Chiara.

I presenti in Aula Magna, per la commemorazione della strage di Capaci

Dopo i saluti istituzionali del Rettore Salvatore Cuzzocrea, al dibattito, moderato dal giornalista Nuccio Anselmo, sono intervenuti il Procuratore della Repubblica di Messina Maurizio De Lucia e il Procuratore della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto Emanuele Crescenti.

Nel corso dell’incontro, a cui hanno preso parte numerosi studenti dell’Ateneo e degli Istituti Superiori, sono state ripercorse le tappe della vita del giudice Falcone, dagli inizi della carriera alla costituzione del pool antimafia, passando per il Maxi processo e l’attentato dell’Addaura, fino alla tragica scomparsa del magistrato e degli uomini della sua scorta.

L’evento si è svolto alla presenza del procuratore De Lucia

“Desidero ringraziare – ha detto il Rettore – i Procuratori della Repubblica Crescenti e De Lucia per la loro presenza e per il loro desiderio di voler raccontare ai giovani qui presenti, la maggior parte dei quali non era neppure nata nel 1992, ciò che è avvenuto. Io faccio parte di quella generazione di ragazzi e ragazze che si è incattivita alla luce di quello che accadde in quel periodo. C’è chi ritiene che io subisca il fascino della Magistratura e della divisa ed è così. Oggi, proprio grazie a qualcuno in divisa, abbiamo la serenità di poter accompagnare i nostri figli a scuola”.

Uno scatto dall’Aula Magna del Rettorato UniMe

Voglio esordire – ha commentato il Procuratore De Lucia – formulando un grande grazie all’Università di Messina ed ai giovani presenti, perché dopo 27 anni non è affatto scontato riunirsi nel ricordo di quei tragici fatti. Ma l’evento di oggi testimonia che l’attenzione civile e morale che ci hanno insegnato Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutte le vittime di mafia, è ancora viva. E’ importantissimo che l’Università, il più alto livello della formazione pubblica, fucina della classe dirigente del domani, si faccia promotrice di iniziative del genere.

Nell’arco di 27 anni si è fatto molto rispetto alla lotta contro ‘Cosa Nostra’ e il lavoro svolto onora la memoria dei caduti. Sulla strage di Capaci sono stati fatti i processi, abbiamo avuto i colpevoli e molti altri risultati sono stati ottenuti. Falcone e Borsellino erano i nemici giurati della mafia il cui nome è stato pressoché sconosciuto sino al 1984. Il Maxi processo, poi, ha rappresentato un colpo durissimo per la mafia e rappresentò l’affermazione dello Stato sul territorio. Da allora tutti i processi di mafia sono stati più semplici. Prima di Falcone non c’era lotta alla mafia ed il suo metodo rappresenta l’eccezionalità di un uomo”.

“Sia io che il dott. De Lucia – ha dichiarato il Procuratore Crescenti – siamo entrati in Magistratura nel corso del dibattito su Falcone a capo della Procura Nazionale Antimafia. Ero un giovane magistrato e subii quella polemica. In quel periodo mi trovavo a Palmi, dove un giorno Falcone giunse insieme al Ministro Martelli. Ricordo che non andammo nella stanza in cui furono ricevuti, perché l’obiettivo era quello di far comprendere che il compito dei magistrati era quello di fare i processi e non politica.

Quando fu ucciso, mi resi conto che non avevo capito nulla. Durante il suo percorso, Falcone fu osteggiato per il suo carisma e la sua forza. Quando lasciò Palermo per approdare a Roma, fu accusato di aver abbandonato la sua terra. Riguardo, invece, al Maxi processo ritengo che il contributo di Tommaso Buscetta fu importante. L’apporto del pentitismo e dei collaboratori di giustizia, in generale, richiedeva un approccio professionale diverso che il giudice Falcone comprese appieno: era necessario filtrare le informazioni per colpire in fase processuale con la certezza di prove concrete. Falcone aveva la schiena dritta e ha rappresentato un chiaro esempio di uomo con un profondo senso dello Stato”.

Redazione MessinaSportiva

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