Betaland, Milenko Tepic si racconta: “In posti come Capo d’Orlando nascono feeling speciali”

Tepic (Pesaro-Betaland)

Elegante, silenzioso, lucido, effimero, quasi non hai tracce di lui. Milenko Tepic sul parquet è una farfalla. Lo trovi sui tabellini, che “non dicono tutto di una gara”, figurarsi di un uomo. Ha giocato per migliori coach d’Europa, ha giocato con alcuni tra i migliori giocatori d’Europa, ha vinto in Europa. Raccontare Tepic non è semplice, lo ha fatto l’Ufficio stampa della Betaland. “Non si fanno patti tra leoni e uomini” (Achille – Troy, 2004). Io non farei neanche interviste.

A voi Milenko Tepic.
“Sono una persona amichevole. All’inizio si crea sempre una certa distanza fra persone che non si conoscono, ma poi se si è onesti e leali ci si avvicina e ci si aiuta a vicenda. Succede lo stesso in campo.. In generale credo di essere una persona semplice, un tipo calmo. Non mi perdo d’animo spesso, provo a risolvere ogni problema che incontro ragionando, cercando delle soluzioni che abbiano un senso. Cerco di mantenere il controllo insomma”.

Milenko Tepic a Capo d’Orlando.
“Capo è probabilmente la più piccola città in tutta Europa con una squadra in A1. Ho avuto esperienze professionali in città grandi e club prestigiosi, è vero, però in posti come Capo d’Orlando nascono feeling speciali. Il fatto che tutti si conoscono non è banale, si sentono anche parte del progetto. Sono orgogliosi di avere la squadra, si sentono in dovere di aiutarla e ci provano in tutti i modi. È una community spontanea e inevitabile. La gente di qui è fantastica, sempre disponibile. Chiaramente quando sono arrivato a Capo ho trovato una situazione diversa da quelle vissute in passato, ma giocare a Capo d’Orlando è un per me un privilegio. Inoltre, si mangia bene e il clima è sempre bello.. vogliamo fare finta di niente?”

Betaland Capo - Enel Brindisi

Milenko Tepic gioca dentro per Mario Delas – Foto Roberta Fazio

La pallacanestro.
“Nessuno giocava prima di me in famiglia, ma il basket è lo sport più popolare in Serbia. Come tutti i bambini avevo degli idoli, i miei erano Bodiroga, Danilovic e Djordevic. Quella era la nazionale più forte. La mia è stata una infanzia bella, sono cresciuto giocando a basket e come in tutte le cose ci sono stati alti e bassi, ma mi ritengo fortunato. Ho iniziato nella mia città, Vojvodina, ho esordito nella Aba e poi sono passato al Partizan dove coach Vujošević ci faceva lavorare e crescere tanto anche individualmente. Il mio percorso nel basket è stato graduale e tutto sommato secondo i miei sogni, non ho avuto grossi problemi neanche nell’inserimento nelle nazionali giovanili. In ogni caso quando inizi a praticare uno sport sei sottoposto a una sorta di selezione, molto rigida a dire il vero. Chi viene reputato migliore continua, gli altri sono costretti a fermarsi. Non tutti possono diventare giocatori, ma questo non vuol dire che iniziare uno sport sia difficile e complicato, in quegli anni potrai farti dei veri amici e sicuramente porterai con te nella vita ottimi ricordi. Fare sport per i giovani ha tanti benefits”.

La posizione in campo.
“Ho iniziato a giocare da guardia nella Lega Adriatica, un torneo duro, allora più di adesso. Poi il nostro playmaker si è infortunato e il coach mi sposto lì. Giocai bene un paio di partite e conclusi la stagione in quel ruolo. Al Partizan ero il cambio del play, e ogni tanto giocavo da 2. In quel periodo il coach pensava che anche se non ero un play puro, giocando in quel ruolo avrei potuto capire meglio la pallacanestro e ciò mi avrebbe aiutato in futuro. In tutta la mia carriera ho ricoperto frequentemente i ruoli di 1, 2 e anche di 3”.

Ma saper giocare in più ruoli è un vantaggio o no?
“Qualche volta mi ha aiutato, altre un po’ meno.. ma non dico per le statistiche. A me non interessano le statistiche, nella pallacanestro per me la cosa più importante è che la squadra vinca e perché la squadra vinca tutti si devono sforzare di fare quello che serve. Puoi anche fare una brutta gara o una brutta stagione nel complesso, ma se nel momento cruciale della partita o dell’anno tu sei pronto a giocare senza pensare a come e dove allora potrai essere parte di una squadra di successo. Se vogliamo trovare un aspetto negativo non riguarda le statistiche, penso magari di non aver potuto sviluppare al massimo tutti i movimenti da guardia. Nella vita ogni cosa ha dei pro e dei contro, nessuno può sapere cosa sarebbe successo se avessimo preso un’altra strada. Io sono soddisfatto della mia carriera”.

Milenko Tepic il giorno dell’approdo alla Betaland

Lo spogliatoio.
“Una squadra gioca bene solo se ci si allena e si gioca con una buona atmosfera attorno e tutti i giocatori si sentono a proprio agio a giocare e a stare nel gruppo. Lo spogliatoio è il luogo in cui si costruisce tutto ciò. Il modo migliore per crescere è aiutarsi. L’ego di ognuno non può essere smisurato, lo spogliatoio migliore è quello in cui ogni giocatore si fida del compagno e ci si parla per migliorare il gioco. Io provo ad essere utile per creare questo tipo di atmosfera ed essere sempre parte attiva dello spogliatoio. Finora abbiamo fatto un buon lavoro, siamo un gruppo di ragazzi intelligenti che cercano sempre di risolvere tutto insieme. Non c’è pressione tra di noi, l’unica pressione che un atleta deve avere è: fare il massimo sempre. Se tu approcci nel modo giusto agli allenamenti, alle riunioni, alle gare, poi puoi sentirti libero di giocare e divertiti anche”.

I sogni di Capo d’Orlando.
“È legittimo sognare di fare le coppe sarebbe la prima volta per il club credo. Non è semplice facile, il campionato è tosto, ma possiamo farcela. Per acquisire un certo tipo di mentalità devi prima fare un paio di stagioni di buon livello. Per fare ciò devi costruire una buona squadra e il miglior modo è, secondo me, cercare di mantenere uno stesso gruppo solido di giocatori per alcuni anni. Non è semplice se non hai un budget economico grosso, perché i giocatori ricevono delle offerte e si muovono di conseguenza. Noi avevamo Bruno, ad esempio, il club può far poco in questi casi. Capo d’Orlando ha un’idea chiara di ciò che vuole fare, sta costruendo un’identità e la vuole mantenere. Hanno rinnovato il coach e tanti giocatori giovani hanno contratti pluriennali. Non so se già l’anno prossimo sarà il momento in cui giocherà le coppe, ma se continuerà così in qualche anno potrà raggiungere questo obiettivo”.

I giovani a Capo d’Orlando.
“Capo ha la capacità di far giocare e crescere i giovani. Ha anche una società di Serie C in cui loro possono crescere e farsi le ossa. Tutti i ragazzi che arrivano qui hanno sentito sicuramente ottime cose su come ci si allena a Capo d’Orlando e sull’attenzione che il club ha nei più giovani. È un’ottima strategia puntare sui giovani, ma richiede grande lavoro affinché questi possano diventare giocatori della prima squadra”.

Orlandina - Pistoia

Milenko Tepic alza la parabola – Foto R. Fazio

Nel frattempo passa Stojanovic
“Scrivi Seba, scrivi che Tepic sarà l’allenatore del Partizan fra qualche anno”. Non dargli retta! Io amo la pallacanestro, ma non è facile quando hai una famiglia dopo aver girovagato come giocatore chiedergli di farlo anche da allenatore.. Ora è presto per parlare del futuro, se avrò dell’opportunità, un team che mi supporta e crede in un mio percorso da allenatore, magari proverò. Quando giochi non pensi mai che la tua carriera possa finire un giorno, ma il tempo corre veloce. Ho 30 anni e ho avuto tanti grandi allenatori, da tutti ho imparato molto. Tengo a mente tantissime cose spiegate in passato in allenamento che mi aiutano anche ora”.

C’è un momento, un time out in cui avresti voluto dire qualcosa al posto del coach?
“I momenti li devi vivere, sono tutti diversi. Quando sono arrivato al Partizan, ad esempio, l’approccio del coach era molto autoritario, se avevi qualcosa da dirgli dovevi farlo in privato e senza alzare la voce. Un giocatore deve sempre rispettare il ruolo dell’allenatore, però un giocatore intelligente se pensa sia il caso di dire qualcosa per il bene della squadra può trovare il modo di farlo”.

Le persone importanti.
“La mia famiglia e la mia ragazza. Una volta che so che loro stanno bene e sono felici, tutto si sistema”.

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